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Una volta l’operazione cruenta veniva eseguita con una semplice lametta, aprendo il ventre dei tordi catturati per separare i maschi, preziosi per il loro canto, dalle femmine, «inutili» dal punto di vista dei capannisti che usano questi animali come richiami vivi nella caccia alla migratoria. Adesso anche i tanti ladri di pulcini di tordo bottaccio e di cesena che saccheggiano i meleti del Trentino e dell’Alto Adige per rifornire il mercato illegale dei richiami (spesso allevatori certificati che non sono assolutamente in grado di produrre un numero di pulli adeguato alla richiesta) si sono evoluti, e dalla lametta sono passati al bisturi del veterinario.
Lo dimostrano le cinque denunce compilate nei giorni scorsi dai carabinieri forestali vicentini delle stazioni di Bassano del Grappa, di Carpenè e di Enego: i militari hanno messo le mani su tre ladri di nidi e, appunto, su due veterinari che «aprivano» i volatili (l’operazione si chiama sessatura) in un ambulatorio bassanese.
L’identificazione del sesso in una specie come il bottaccio in cui maschi e femmine sono identici è soltanto una fase intermedia di un traffico fiorentissimo di volatili rubati quando hanno solo pochi giorni di vita, prelevati con l’intero nido e destinati ad alimentare i rivoli di un mercato che è particolarmente ricco nel Bresciano e nella Bergamasca, ma che si estende anche al Veneto, all’Emilia e alla Toscana.
IL PRIMO passaggio è appunto il furto, e anche quest’anno il Corpo forestale della Provincia autonoma di Trento ha organizzato una serie di efficaci servizi mirati, molto faticosi per l’immensa estensione dei meleti teatro dei saccheggi, ma altrettanto produttivi. I risultati hanno riportato nuovamente l’attenzione anche sulla nostra provincia, perchè nella Piana Rotaliana, una vasta area agricola zeppa appunto di meleti (e vigneti) su cui si affaccia il paese di Mezzolombardo, al termine di appostamenti e controlli durati intere giornate i forestali hanno sorpreso due bresciani.
La prima a finire nei guai, attorno alle 22 mentre al buio cercava di recuperare i nidi staccati dai rami e nascosti ore prima, è stata una 40enne di Collio assistita nelle sue imprese da un albanese. La donna ha precedenti specifici: due anni fa era stata bloccata dall’ex Corpo forestale dello Stato di Brescia mentre consegnava un carico di futuri, finti richiami d’allevamento rubati dagli alberi a un noto rivenditore di uccelli locale, e nel maggio di quest’anno ci ha riprovato.
Dopo di lei è toccato a un altro valligiano allergico alle leggi: un 51enne di Preseglie, ex cacciatore al quale la licenza è stata sospesa per una serie di illeciti venatori e per le relative denunce.
Il ruolo bresciano nelle spedizioni a caccia di piccoli turdidi è stato sottolineato anche ieri, durante la presentazione, a Vicenza, delle ultime operazioni dei carabinieri forestali, insieme all’annuncio di un’indagine ancora aperta e di un possibile aggravamento della posizione per alcuni protagonisti: se tra le decine di uccelli sequestrati ne venisse scoperto qualcuno con lesioni legate alla sessatura, per i due veterinari vicentini scatterà la denuncia per il reato di maltrattamento degli animali. P.BAL.